Tre incisioni di Luigi Marcon, con una nota di Luciano Cecchinel

Non certo da critico, quale non sono, ma di appassionato fruitore brado, mi sembra di poter dire che, ove non si considerino certe opere in cui l’azione è volutamente più marcata e quasi scabra,  il suo tratto incisorio si caratterizzi per una delicatezza impressionistica ma che poi, in rappresentazioni di remota solitudine ‒ penso qui a certi suoi rustici e alberi ‒ si imponga, magari anche solo per grumi, una grande forza espressionistica, sì da far sentire che questi due caratteri dell’espressione, tradizionalmente opposti, abbiano trovato naturali forme di convivenza. […]

La produzione di Marcon si è caratterizzata da un certo punto con le raffigurazioni delle architetture medioevali e rinascimentali che, a partire dal Trentino e dall’Alto Adige, lo hanno portato, divenendo assecondato leit-motif, a percorrere come un viandante di altri evi le strade del Nord Europa: ne è risultata costituita nel tempo una specie di “sinfonia curtense”, che ha lasciato tra l’altro un ben evidente segno in terra germanica con la scelta di una sua incisione a colori della città di Landshut da parte di un ministero della Repubblica Federale Tedesca per un francobollo nazionale commemorativo.

Certo la produzione di Marcon ha trovato ispirazione anche ben al di fuori dell’alveo che gli ha dato quello che potremmo definire il linguaggio d’imprinting, percorrendo vari tragitti di sperimentazione in esecuzioni ad olio e a tempera. Nelle composizioni effettuate con queste tecniche a prendere la mano ‒ pariteticamente a quanto per la poesia è con la rima, le assonanze, le dissonanze e altri effetti verbali ‒ è soprattutto la dialettica fra i colori, in Marcon talvolta agitata, quasi un corpo a corpo, talaltra pacificata, come in esausta rilassatezza, ma comunque con “sortiti” di più o meno informale ma sempre suggestivo cromatismo.

Luciano Cecchinel

(Il testo completo si troverà su “Poetarum Silva” il prossimo 4 novembre; le riproduzioni delle opere di Marcon sono pubblicate su indicazione dello stesso Cecchinel.)

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Luigi Marcon, Architetture rustiche

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Luigi Marcon, Casera tra abeti

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Luigi Marcon, Arie antiche – Landshut

Cecchinel e Zanzotto: questioni di eredità

di Paolo Steffan

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[Questo articolo era stato pubblicato una prima volta sul blog “Una strana gioia” – oggi non più presente in rete – il 27 ottobre 2014.]

Da un certo momento in avanti, negli ultimi anni di vita di Andrea Zanzotto, si è iniziato a definire sempre più spesso Luciano Cecchinel come suo “erede”. Anche per una questione di correttezza, è bene chiarire l’origine di questa definizione. Quella di Zanzotto per Cecchinel è sempre stata una grande ammirazione, fin da quando ebbe la ventura di leggere i versi dialettali di “Al tràgol jért”, sul finire degli anni Ottanta: conobbe il poeta di Lago e maturò un grande sentimento di amicizia anche per l’autore di quelle poesie, che così tanto l’avevano colpito, da scriverne – nel 1992 – un lungo dettagliato e elogiativo articolo  [leggi l’articolo di Zanzotto].

Fu solo nel 2007 – in occasione della morte di Luigi Meneghello – che, stimolato da una domanda dell’intervistatrice («Nella nostra regione, ci sono oggi autori in grado di proseguire il cammino dei tre maggiori scrittori del Novecento: Zanzotto, Rigoni Stern e, appunto, Meneghello?»), Zanzotto ufficializzò la sua grande stima per il più giovane poeta veneto, dichiarandolo suo “erede” (il termine è nel titolo): «Credo ci sia un autore che, scrivendo in italiano e in dialetto, si è già collocato in una valida posizione di attenzione e ascolto: mi riferisco a Luciano Cecchinel, uno scrittore, un poeta, che essendo ancora abbastanza giovane, potrà sicuramente dare altre prove di grande valore». Da questo momento in avanti, il poeta di Pieve di Soligo ha più volte confermato questa eredità poetica che Cecchinel ha accolto suo malgrado da un lato con gratitudine, dall’altro con il senso di una grande responsabilità artistica.

Va infine tenuto conto, e tengo a sottolinarlo, che il concetto di “erede” non va confuso con quello di “epigono”: qui Zanzotto designa il suo candidato – per motivi prima letterari, poi anche affettivi (si legga a esempio il suo testo postumo Outcasts. Prosa poetica su Cecchinel, pubblicato in Luoghi e paesaggi, Bompiani 2013, p. 171: «Questo caro amico, che potrebbe essere mio figlio…») – nel prosieguo di una importante linea veneta novecentesca, rappresentata dalla triade sopra nominata. Tuttavia l’opera in versi di Cecchinel era già in buona parte nata prima del loro incontro (Al tràgol jért, Le voci di Bardiaga, Lungo la traccia e anche buona parte di Sanjut de stran) e si distingue per caratteri peculiari che, a mio parere, molto spesso distano dallo stile zanzottiano; i casi di contatto sul piano letterario sono il più delle volte, credo, dovuti a contiguità culturale e linguistica tra autori nati e vissuti a venti chilometri di distanza l’uno dall’altro ed entrati anzi in diretto contatto tardivamente.

***

Leggi l’articolo completo: «Zanzotto: Era gergo e alta letteratura. L’erede? Penso al giovane Cecchinel”», intervista di E. Da Ros, in “Corriere del Veneto”, 27 giugno 2007 [PDF].

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Caro Lettore,

In questo blog troverai informazioni e materiali poetici e critici di e su Luciano Cecchinel. La poesia del poeta di Revine-Lago (TV), amata da Zanzotto e apprezzata da Brevini, è stata segnalata dal grande critico Cesare Segre tra le maggiori della contemporaneità. Su queste pagine – curate da Paolo Steffan – potrai approfondirne la conoscenza o proporre nuovi contributi.

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